Nelle ultime settimane su tv, social e giornali, oltre all’emergenza Covid, si è molto discusso della vicenda che ha visto protagonista la giornalista Giovanna Botteri, inviata Rai a Pechino. La Botteri è infatti stata presa di mira, principalmente sui social, per il suo aspetto fisico, la piega dei suoi capelli e il suo look definito “trasandato”. Questa vicenda ci ha portato a riflettere su una tematica attualissima e sempre più diffusa: il body shaming.
Quando sentiamo parlare di “body shaming” (letteralmente “corpo vergognoso”) dobbiamo pensare ad un vero e proprio atto di bullismo, che si svolge prettamente attraverso piattaforme social e web, dove ad essere criticato e giudicato è l’aspetto fisico di una persona.
Il “ body shaming ” prende di mira qualsiasi caratteristica: l’essere magri o sovrappeso, alti o bassi, il colore dei capelli, le forme fisiche troppo o poco prosperose, la muscolatura, alcuni disturbi della pelle come acne, couperose, psoriasi, la presenza o meno di tatuaggi o piercing ecc.
Solitamente l’aspetto fisico viene colpito perché non “rispetta” i canoni di bellezza imposti o suggeriti dalla cultura di appartenenza. Insomma, basta solo essere “diversi” per essere presi di mira. Le vittime di “body shaming” vengono colpevolizzate ed indotte alla vergogna poiché le proprie caratteristiche fisiche, anziché essere considerate normali, vengono considerate come anormali. Questo spesso può condurre l’individuo ad un calo di autostima e alla comparsa di patologie psicologiche come disturbi alimentari o ansia e depressione.
Gli studi hanno evidenziato che questo fenomeno colpisce entrambi i sessi e non è particolarmente legato all’età. C’è una leggera prevalenza del fenomeno negli adolescenti, a causa dei grandi cambiamenti fisici che subisco a quell’età e alla ricerca di accettazione sociale: le statistiche indicano che il 94% delle adolescenti è stato vittima di “body shaming” e quasi il 65% dei ragazzi adolescenti ha riferito di essere stato oggetto di critiche e commenti umilianti sul proprio aspetto fisico.
Ma come siamo arrivati ad oggi alla diffusione di questo fenomeno così violento e denigratorio? Grande influenza hanno sicuramente avuto, ed hanno tutt’ora, i mass media e soprattutto i social media: i canoni di bellezza che infatti vengono proposti sono irraggiungibili, ci confrontiamo quotidianamente con una perfezione che raramente esiste. Ad esempio oggi sentiamo parlare di “influencers”, considerati dai ragazzi veri e propri guru. Infatti questi dettano le mode, ci impongono dei paramenti di bellezza, e scatenano una vera e propria corsa alla perfezione, che ci fa dimenticare che ciò a cui si aspira non costituisce un modello già presente in natura, bensì uno stereotipo costruito.
Come accennato precedentemente, questo fenomeno ha una grande prevalenza sui social, poiché il nascondersi dietro uno schermo o un identità fasulla rende molo più facile aggredite e giudicare una persona, poiché viene sentita come lontana da noi, non conosciuta, e per questo oggettificata. Prima però di esporsi così negativamente nei confronti di una persona, sarebbe opportuno chiedersi come possa reagire internamente colui che riceve queste critiche, soprattutto se si tratta di ragazzi giovani con una personalità ancora insicura: potremmo rendere ancor più fragile una persona, portandola a creare un’immagine di sé come individuo non adeguato. Troppo spesso queste distorsioni si vanno radicando, rischiando di irrigidire la modalità di approccio e di avvicinamento agli altri, creando convinzioni errate e deleterie per la persona stessa. Da sempre ognuno di noi ha lavorato con gran fatica per accettarsi e rendere uniche quelle caratteristiche che consideriamo “difetti”. Perché allora dare potere ad un altro individuo di farci sentire inadeguati? Possiamo sicuramente migliorare il nostro aspetto fisico ogni giorno, con impegno o costanza, o correggere qualche piccolo difetto con la chirurgia o un intervento estetico che non sia invasivo, ma solo noi abbiamo potere di decidere questa cosa, e nessuno può dirci se andiamo o non andiamo bene. La prima regola è accettarci e star bene con noi stessi, liberi da stereotipi, canoni e costrizioni.
Ad oggi il body shaming costituisce un reato perseguibile penalmente, attivando una denuncia presso la polizia postale e i carabinieri. A gennaio 2020 la Camera ha infatti accettato la proposta di legge contro body shaming, 8 articoli che sono un’estensione della legge sul cyberbullismo approvata nel 2017.