L’obesità è una vera e propria malattia, una patologia cronica complessa, caratterizzata da un eccessivo peso corporeo, per accumulo di massa grassa, in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute.

L’obesità non è semplicemente un problema causato da mancanza di autocontrollo: fino a pochi anni fa si credeva che la persona obesa, in sovrappeso, ingrassasse per il semplice fatto di mangiare più del normale. Oggi si sa che il problema è ben più articolato: si tratta di una sindrome complessa, che si sviluppa a causa di molti fattori, che coinvolgono la regolazione dell’appetito e il metabolismo energetico.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute e la maggior causa di morte nel mondo.

 

Quando una persona si definisce obesa?

L’obesità è diagnosticata attraverso la misurazione di un indice: “Indice di Massa Corporea” (o BMI, body mass index), che si ottiene mettendo in relazione il peso corporeo con l’altezza. Per calcolare il BMI bisogna dividere il peso espresso in kg per l’altezza espressa il metri al quadrato.  Ad esempio una persona che pesa 65 kg ed è alta 1,65 mt avrà un BMI di 65/1,652 = 65/2,72 = 23,9 kg/mt2. Maggiore è il risultato ottenuto, maggiore sarà la quantità di grasso in eccesso presente nell’organismo.

CLASSIFICAZIONE IMC / BMI

Sovrappeso: 25-29.9

Obesità grado I: 30-34,9

Obesità grado II: 35-39.9

Obesità grado III > 40

Si parla di obesità anche se, a prescindere dal valore di BMI, si ha una circonferenza della vita aumentata. Nelle persone di razza caucasica i valori limite sono di 80 cm per la donna e 94 cm per l’uomo. Al di sopra di questi valori di circonferenza vita parliamo di “obesità addominale”.

 

Esistono diversi tipi di obesità?

Sì, due sono i principali tipi di obesità:

Obesità addominale (tipo mela): è l’obesità in cui la maggior parte del grasso si accumula nell’addome, ed è chiamata “tipo mela” per l’associazione con la forma di questo frutto. Questo tipo di obesità si sviluppa maggiormente negli uomini ed è quella che comporta maggiore rischio di sviluppo di malattie metaboliche e cardiovascolari come infarto, diabete, sindrome metabolica, ipercolesterolemia, apnee ostruttive nel sonno, insufficienza respiratoria, con conseguente maggior rischio di morte;

Obesità Ginoide (tipo pera): sono le persone obese che accumulano il grasso principalmente su gambe, fianchi e glutei. È comune nelle donne e generalmente non si associa ai rischi che corrono i soggetti che soffrono di obesità addominale.

 

Perché si sviluppa l’obesità? Quali sono le principali cause?

L’obesità è una condizione multifattoriale, cioè che riconosce più fattori scatenanti, sia di tipo genetico sia ambientale. L’eccessivo appetito che contraddistingue questa patologia, infatti, può avere origine genetica o indotta. Alcuni fattori sono perciò “modificabili”, come la quantità di cibo consumata e l’attività fisica, altri invece sono “non modificabili”, come ad esempio i geni che ereditiamo.

Tra le principali condizioni ambientali che portano al suo sviluppo di questa malattia traviamo:

– Problemi di natura psicologica (stress o disturbi dell’emotività);

– Mancanza d’interessi, noia;

– Mancanza di stimoli interni ed esterni;

– Eccessiva disponibilità di cibo;

– Mancanza di movimento, sedentarietà, abbinata a un’eccessiva alimentazione che produce uno squilibrio energetico tra calorie assunte e consumate.

I fattori genetici, invece, incidono per circa il 25%. Tra i diversi fattori genetici citiamo l’azione del gene classificato come “Gene Ob”, responsabile della sintesi dell’ormone della sazietà, la leptina. Un difetto di produzione di questa proteina, oppure la carenza di recettori a livello cerebrale, spinge l’individuo alla ricerca di cibo e, riducendo il metabolismo, favorisce lo sviluppo dell’obesità.

 

Quali conseguenze comporta questa patologia?

L’obesità comporta un’ampia serie di ripercussioni sulla salute. Le principali conseguenze dell’obesità possono essere: malattie metaboliche come il diabete, malattie cardiovascolari come ictus e infarto, malattie respiratorie (quali le apnee notturne), problemi a carico delle articolazioni (dolori causati da artrosi alle ginocchia, alle anche o alla schiena), disturbi della sfera sessuale (impotenza, infertilità), predisposizione allo sviluppo di malattie dell’apparato digerente (reflusso gastroesofageo, calcoli della colecisti), disturbi dell’umore (per esempio depressione), poca autostima (che può causare problemi di inserimento lavorativo e sociale). Infine va ricordato che è stata dimostrata una relazione tra l’aumento del BMI è l’aumento delle possibilità di sviluppare un carcinoma dell’esofago, colon-retto, fegato, pancreas, mammella e utero.

 

Si può curare?

Certo, anche se la terapia risulta essere un intervento multifattoriale e complesso: non bisogna pensare solo al calo di peso, ma va tenuto conto anche di tutte le complicanze ad esso associate.

Lo scopo della terapia per l’obesità è quello di ottenere una riduzione della massa grassa e conseguentemente un calo di peso. I metodi per raggiungere quest’obiettivo variano notevolmente, anche a seconda del grado di obesità. Come tutte le terapie è fondamentale un’attenta valutazione preliminare da parte del medico che selezionerà il trattamento più appropriato.

Il principale approccio è quello di tipo dietetico, basato su un regime alimentare ipocalorico, associato ad un programma di attività fisica strutturato e calibrato sui bisogni e le possibilità di ogni paziente. E’ importante riuscire a cambiare lo stile di vita, facendo acquisire al paziente un’alimentazione sana e corretta: bisognerà ridurre le porzioni durante i pasti, consumere molta frutta e verdura, e praticare almeno per 30 minuti al giorno un’attività fisica moderata.

Un altro approccio, notevolmente più invasivo, è quello chirurgico, la cosiddetta chirurgia bariatrica; negli ultimi anni le tecniche d’intervento si sono sempre più evolute ed affinate ed oggi è possibile proporre tale opzione a pazienti, attentamente selezionati, che non abbiano ottenuto una risposta in termini di riduzione di peso con le terapie mediche.

 

Esiste una terapia di tipo farmacologico per la cura dell’obesità?

Si. Attualmente in Italia il trattamento farmacologico è riservato ai soli soggetti adulti, e dovrebbe essere preso in considerazione solo dopo aver valutato e provato l’efficacia di un corretto stile alimentare abbinato ad un costante esercizio fisico. La decisione di iniziare una terapia farmacologica va discussa con il proprio medico.

Per quanto riguarda i farmaci, la ricerca scientifica è da sempre al lavoro per individuare nuove molecole da associare al regime dietetico. Infatti, solo il 20% degli individui che hanno ottenuto una perdita di peso significativa sono poi in grado di mantenere il peso che hanno perso attraverso un regime alimentare dietetico e l’attività fisica.

In questo momento sul mercato sono presenti svariati prodotti a base di erbe, integratori o cocktail di vari prodotti che i pazienti possono reperire con facilità, ma che spesso sono inefficaci se non addirittura, in alcuni casi, fortemente dannosi per la salute

Inizialmente, la terapia farmacologica per l’obesità era legata all’uso degli ormoni tiroidei, che poi si sono rivelati farmaci molto pericolosi. In seguito fu introdotto l’uso dell’amfetamina, subito sostituita per la sua pericolosità ed oggi assolutamente vietata

La Agenzia Italiana ha approvato due farmaci nuovi per il trattamento dell’obesità: la liraglutide e il naltrexone/bupropione a lento rilascio.

 

Cos’e’ la liraglutide?

La liraglutide è un prodotto indicato, in aggiunta a dieta ed esercizio fisico, per gestire il peso in soggetti adulti obesi o per soggetti in sovrappeso che abbiano almeno una comorbidità correlata al peso come ad esempio il diabete di tipo 2, la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno etc. La liraglutide è un medicinale indicato per controllare il peso e contiene come principio attivo un analogo del GLP-1, ossia una sostanza che mima l’azione del GLP-1, un ormone naturalmente presente nell’organismo. Questo ormone agisce a livello dell’ipotalamo, la centralina energetica del corpo, mandando un segnale interno di sazietà. Inoltre agisce a livello dello stomaco rallentandone lo svuotamento. Questo può aiutare a mangiare di meno e a ridurre, in conseguenza, il peso corporeo.

 

Come va somministrata la liraglutide?

La liraglutide si somministra con una piccola iniezione sottocutanea quotidianamente. La somministrazione è molto semplice e può essere fatta in autonomia dal paziente

 

Quali sono gli effetti collaterali della liraglutide?

Nei primi giorni dopo l’inizio della terapia si può avvertire dei dolori addominali che però tendono rapidamente ad attenuarsi nei giorni seguenti. L’aumento graduale del dosaggio, sotto la guida del medico prescrittore, riduce molto la possibilità che si verifichino questi effetti collaterali.

 

Qual e’ il calo ponderale atteso con l’utilizzo di liraglutide?

Dopo tre mesi le persone trattate devono aver perso almeno il 5% del peso corporeo iniziale, altrimenti la terapia va sospesa e il paziente è considerato un “non responder”.

 

Cos’e’ la combinazione naltrexone/bupropione?

Anche il naltrexone/bupropione è un prodotto indicato, in aggiunta a dieta ed esercizio fisico, per gestire il peso in soggetti adulti obesi o per soggetti in sovrappeso che abbiano almeno una comorbidità correlata al peso. E’ un farmaco ad azione centrale che riduce l’appetito.

 

Come va somministrato il naltrexone/bupropione?

Il farmaco si somministra per bocca due volte al giorno. Il dosaggio ottimale viene raggiunto gradatamente sotto la guida del medico.

 

Quali sono gli effetti collaterali del naltrexone/bupropione?

Il naltrexone/bupropione non può essere assunto da chi ha patologie psichiatriche e in particolare sindrome depressiva e da soggetti che soffrano di convulsioni, perché potrebbe causare il riacutizzarsi di queste patologie. In alcuni pazienti si può sviluppare ipertensione arteriosa, anche severa. Questo farmaco inoltre interagisce con numerose altre molecole farmacologiche e quindi è bene rivolgersi al proprio medico prima di assumere qualunque altro medicinale in concomitanza.

 

Qual e’ il calo ponderale atteso con l’utilizzo di naltrexone-bupropione?

Il trattamento deve essere interrotto dopo 16 settimane se i pazienti non hanno perso almeno il 5% del loro peso iniziale, perché in tal caso sono considerati non responders.

 

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